L’Alzheimer è sicuramente una delle patologie che impattano di più sia sulla persona che ne è affetta, sia sull’intera famiglia.
Per questo è importante avere un aiuto, ma esistono badanti per l’Alzheimer?
Scopriamolo insieme in questo ventitreesimo capitolo del Manuale per Famiglie Badante Zero Pensieri.
L’impatto dell’Alzheimer su anziano e famiglia
Prima di parlare delle badanti preparate per l’assistenza alle persone affette da Alzheimer è importante capire cosa succede all’interno della famiglia.
L’Alzheimer rientra nella grande famiglia delle demenze, sicuramente la più diffusa e quella che genera più timore quando si manifesta. Diventa una sorta di sentenza di morte lunga e difficile. Non a caso si parla spesso di lutto anticipato in questi casi, cioè quanto la famiglia ha un tempo lungo in cui per certi versi si abitua alla perdita, con tutta la fatica emotiva che questo comporta.
La costante e inesorabile perdita di memoria e di abilità intellettuali spesso si accompagna a cambiamenti di carattere, comportamenti difficili da decifrare e, più spesso, complessi da accettare e gestire da parte della stessa famiglia.
Quando cercare una badante?
Spesso si arriva a cercare una badante quando la patologia è molto avanzata e la famiglia non è più in grado di affrontare da sola la situazione.
In alcuni casi si arriva a questo momento molto… troppo tardi, quando la situazione diventa insostenibile e difficilmente un anziano accetta l’assistenza di un estraneo dalla famiglia.
Ecco perché spesso si suggerisce di inserire una badante il prima possibile, anche per poche ore, più quasi come sollievo al caregiver familiare che cura il proprio caro malato, che per l’anziano in sé.
In questo modo anche la persona affetta da Alzheimer si abituerà ad avere una figura in casa estranea che si prende cura di lui.
Diversamente la persona malata svilupperà una forma di attaccamento morboso con chi li segue e difficilmente accetterà altre persone, finendo per esaurire anche il familiare che lo cura.
Non è un caso infatti che uno studio giapponese dimostra che i familiari che curano un proprio caro affetto da Alzheimer abbiano un’aspettativa di vita ridotta di 8 anni.
Quale badante cercare?
Partiamo dal presupposto che, anche contrattualmente, la badante è da considerarsi personale non formato per definizione.
Sicuramente nell’assistenza oraria si possono trovare persone che hanno svolto anche percorsi formativi, come ASA e OSS, che sono più preparate per gestire queste patologie. Si parla in questo caso di assistenti familiari e se sono ASA o OSS andrebbero assunte con il livello specifico (vedi la distinzione dei livelli contrattuali). Nel caso della badante convivente invece, in quasi la totalità dei casi, si trova personale che ha imparato il lavoro facendolo.
La badante esperta in Alzheimer può esserci, perché magari ha frequentato qualche corso specifico, ma di badanti che realmente partecipano a queste attività sono veramente poche.
In alcuni casi la badante può aver già seguito persone affette da Alzheimer, avendo quella esperienza specifica, con quella persona, che magari lo manifesta in modo diverso da altre.
Va anche detto che molte badanti conviventi temono l’assistenza a persone con questa patologia, perché possono diventare aggressive verbalmente e talvolta anche fisicamente, possono non dormire la notte, essere spesso ingestibili, magari proprio perché si è aspettato troppo a lungo ad inserire la badante.
Esiste allora la badante per l’Alzheimer?
La risposta è sia sì che no.
Come detto in precedenza possono esserci persone formate, che svolgono assistenza oraria e che hanno anche un compenso di un certo livello.
Possono esserci badanti che hanno avuto un’esperienza simile e che accettano di fare assistenza a persone con Alzheimer.
Nella maggior parte dei casi tuttavia il ruolo determinante lo ha la famiglia, sia nella fase di inserimento e quindi di istruzione al caso specifico, sia nel percorso che ne seguirà.
Arrivare a questo appuntamento troppo tardi, comporta anche essere ormai esausti e a delegare quasi completamente l’assistenza alla badante. Lasciare sola un’assistente in questi casi e quanto più deleterio si possa fare.
E’ importante investire del tempo per aiutare la badante a capire come relazionarsi nel modo giusto con l’assistito, cioè quello che per lui è più funzionale, e non significa che lo sia per tutti quelli che hanno questa malattia.
Dall’altra parte è importante trovare insieme degli equilibri affinché l’assistenza sia sostenibile:
- se l’anziano va seguito sia di giorno che di notte è importante trovare due diverse figure e non la stessa che faccia tutto, esaurendosi o scappando perché non ce la fa,
- se l’anziano dorme, ma va a letto a mezzanotte e si alza alle 5:00 vale lo stesso discorso,
- se l’anziano va seguito tutto il giorno è impensabile che la casa sia impeccabile,
- se l’anziano fatica ad accettare le indicazioni della badante perché la percepisce come un’estranea, va fatto un lavoro di affiancamento,
- …
Insomma la badante per l’Alzheimer ce la dobbiamo un po’ costruire noi su misura.
Se la badante non riesce a ingranare?
Ci sono badanti che fanno fatica e non riescono a rimanere a lavorare presso la vostra famiglia, è umano. Del resto loro non sono familiari, ma persone che lavorano. Il limite di sopportazione è decisamente più basso.
Se non va bene si cambia, consapevoli che c’è da lavorare ancora per inserire la prossima e che ci vorrà del tempo che l’anziano malato accetti il cambio.
Non farti spaventare dal fatto che il anziano rifiuta la badante al primo giorno, non viverlo subito come un fallimento e in preda all’emotività cacciarla e decidere di tornare a fare da solo.
Datevi del tempo, una settimana o due, fate delle prove.
Può essere che debba cambiare anche qualche badante prima di trovare quella giusta.
Rimani focalizzato sulla scelta di essere aiutato, sapendo che anche se all’inizio può essere faticoso, alla lunga vi darà sollievo e vi aiuterà a vivere la malattia con un po’ più di serenità.
Se per noi di FamKare l’inserimento di qualunque badante deve essere considerato come l’inserimento di un bambino al nido, quindi con tanta gradualità, a maggior ragione vale quando in casa vi è una persona con questa patologia.